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Quando pensiamo all'arte, immaginiamo spesso uno spazio libero, dove chiunque possa esprimere se stesso. Eppure, studiando la storia, ci se rende conto che per molto tempo questo spazio non è stato accessibile a tutti allo stesso modo. In particolare, le donne hanno vissuto una lunga esclusione. Tutto ciò porta a riflettere su quanto la società influenzi non solo la nostra vita quotidiana, ma anche ciò che consideriamo “arte” e chi ha il diritto di crearla o di esserne il centro. Il legame tra le donne e l’arte rivela una storia di esclusione, lotta e progressiva affermazione. Per secoli, la posizione delle donne nella società ha influenzato profondamente il loro ruolo all’interno del mondo artistico: da semplici muse a protagoniste consapevoli del proprio linguaggio creativo. Nelle società del passato, le donne erano generalmente escluse dagli spazi pubblici e culturali. Anche nel campo dell’arte, erano raramente ammesse alle accademie e non avevano le stesse opportunità formative riservate agli uomini. Solo le donne appartenenti a famiglie benestanti potevano ricevere una formazione artistica, ma anche in quel caso erano spesso relegate a generi considerati “minori”, come la pittura di fiori, ritratti o scene domestiche. Inoltre, il ruolo delle donne nell’arte occidentale era fortemente influenzato dai modelli sociali dell’epoca: erano spesso rappresentate come simbolo di bellezza, di maternità, di sensualità, ma anche di tentazione e passività. Era il corpo della donna ad essere al centro della rappresentazione, più che la sua identità. Non sono mancate tuttavia nelle diverse epoche figure di artiste quasi leggendarie: la pittrice greca Aristarete, citata da Plinio; nell’epoca medievale erano molte le donne che si dedicavano alla miniatura, come Jeanne de Montbaston (XIV secolo) la quale, pur lavorando come miniatrice insieme a suo marito, firmava le sue opere, importante eccezione per l’epoca.